Genève

Le avventure di una ginevrina di nascita, partita per anni, che torna a "casa" ma deve riscoprire la sua città.
Le avventure di un'italo-francese, che torna alle origini per lavorare al Consolato Italiano.
Le avventure di Cora, tra ricordi e novità, nella sua amata Ginevra.

lunedì 9 marzo 2015

Bagage de souvenirs

Settimane intense, di quelle che neanche 8 ore di sonno bastano, a lavorare e cercare lavoro in contemporanea, tra valanghe di curricula e interviste, e allora oltre alla spremuta d'arance a colazione aggiungo il succo di limone a metà mattinata (che con l'Eutirox e la mezz'ora d'attesa quotidiana è difficilmente conciliabile) e un caffè al giorno.

Dire che l'idea iniziale era di seguire una formazione per diventare guida turistica della mia amata Ginevra...

Lo scorso fine settimana ero talmente esausta che non volevo neanche andare in palestra (poi per fortuna la motivazione è spuntata), ma col sole che -finalmente- è spuntato son tornate le mie passeggiate con macchinetta fotografica a portata di mano/collo (un chilo e passa con l'obiettivo…)

E mentre passeggio mi torna in mente un certo periodo in cui, demoralizzata e sull'orlo del burn-out, guardavo i nomi delle aziende e sognavo appartamenti col balcone dall'altro lato del lago.
Ripenso ai momenti più assurdi/divertenti/orribili di questi tre anni, e di aneddoti ne ho a palate. Liste di cognomi animaleschi di clienti, lettere di ringraziamento o lamentela lunghe quanto un braccio (le prime conservate con cura, le altre cancellate elettronicamente nel vuoto virtuale), aperitivi in riva al lago con i colleghi dopo riunioni durate per ore…

Nella scaletta dei ricordi, senza nessun ordine, le più disparate esperienze:

- l'uscita tra colleghi con le racchette da neve, di notte e senza torce, con la nostra guida che si era persa e aveva improvvisato un percorso *alternativo* di salto all'ostacolo nel bosco.

- una riunione durata tutta una giornata, al termine della quale torno nell'edificio dove si trova il mio ufficio, e scopro che è venerdì sera, sono le 20 passate, tutti i miei colleghi sono andati via, e sono chiusa FUORI dall'ufficio nel quale, ovviamente, ho lasciato borsa-telefono-chiavi. In preda al panico incontro il Gigante Buono (adorabile collega la cui taglia è il doppio della mia) che fa un giro di chiamate, mi mette in mano una birra, e mi trascina al Montreux Jazz festival in attesa che arrivino i soccorsi.

- Thanksgiving e il tacchino preparato nella cucina del nostro ex ufficio.

- una cliente che minaccia di farmi licenziare perché suo figlio è alloggiato a 40 minuti dalla scuola, e sul sito pubblichiamo che la distanza media è di 30 minuti.

- riunioni tardive che si concludono nel pub locale.

- documenti scomparsi a una settimana dalla deadline finale.

- R., il cui motto è "il n'y a pas de mal à se faire du bien", che coglie ogni occasione per festeggiare a colpi di champagne e dolci di Moutarlier.

Per evitare problemi ho tolto varie parti e cancellato annotazioni, ma ci sarebbe così tanto da raccontare... (magari non pubblicamente però :p )
Un occhiolino all'amico che un giorno mi diede un prezioso consiglio: partire con eleganza, la testa alta e il sorriso sulle labbra, a discapito di ciò che ci si lascia alle spalle, o forse proprio perché lo si lascia.
Parto con tanti ricordi e saluto i pochi superstiti, tanto di cappello miei cari (vous savez pourquoi).